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fiori selvatici

PER FARE UN ALBERO CI VUOLE UN FIORE

''Le  cose di ogni giorno raccontano segreti a chi le sa ascoltare''.

Benvenuto in ''Per fare un albero ci vuole un fiore'', un progetto che nasce dall'incontro tra la passione per la letteratura e l'amore per l'arte di Mariarita e l'occhio sensibile e osservatore di Andreana. Ricco di contenuti interessanti ed esclusivi, il blog vuole essere uno scrigno dove gettare e condividere i nostri "lampi di mania."  Ci auguriamo che "Per fare un albero ci vuole un fiore" possa accendere anche la tua passione. 

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L'illusione: un'antica bugia.

Pigmalione è il mio nome. Regno sulla florida isola di Cipro, che i natali diede alla Citerea. Amo scolpire corpi e forme: veder prender vita sotto le mie mani poderose e nodose la materia informe. Ho condotto sino ad ora la mia esistenza da solo; nessuna passione, al di fuori di quella per l’arte, ha mai abitato il mio cuore. In questi lunghi anni, nessuna compagna ho avuto con cui dividere il letto nella tremante solitudine della sera.

- Ah! Mai amerò, mai mi sposerò!–dicevo tra me- Sono infiniti i vizi che la Natura donò alla donna, troppo lasciva è la sua indole.

Un giorno mi misi a scolpire l’avorio, ch’era bianco come la neve, e gli diedi la forma d’una fanciulla.

Ah, povero me! Nel rimirare l’opera compiuta, un fuoco mai provato s’accese al di sotto delle mie umane membra; la lingua s’intorpidì e i sensi quasi mi vennero meno. Bramavo quel corpo finto, nudo e bello, d’una bellezza che mai fu vista in terra. Ammaliato dalle sue fattezze, così reali, la sfioravo per sentire se fosse di carne o d’avorio. Ebbro di lei- lei ch’aveva ai miei occhi un’anima, una propria esistenza- l’abbracciai. Quando la toccavo, mi pareva che le mie dita affondassero nelle sue morbide membra e stavo attento a non stringerla troppo, ond’evitare di lasciare i segni del mio desiderio sulla sua candida pelle.

Quando la baciavo, sentivo il calore delle sue labbra sulle mie, i nostri respiri che, tremanti, si mescolavano insieme.

Quando le parlavo, sembrava seguirmi nei miei discorsi e, talvolta, essere sul punto di rompere la sua immobilità per correre tra le mie braccia. L’arte che nasconde l’arte: è questa la più potente delle illusioni.’




Mi struggo, consumato da un amore sì crudele, che non si fa possedere.

Io, Narciso, che, in virtù della mia superba bellezza, ho infranto i cuori di molti giovani e di molte fanciulle, vengo ora disprezzato a mia volta.

Sono giunto, spossato dalle fatiche della caccia e dalla calura, presso un rigoglioso boschetto, al centro del quale si apre una fonte dalle acque argentate e trasparenti.

Mentre bevo, un’altra sete mi cresce: la sete d’amore, generata dall’illusione dei sensi.

Mi invaghisco della figura che vedo riflessa dinanzi a me, di quegli occhi che paiono stelle, di quella chioma ch’è degna di Apollo, della bocca ch’è una gemma, del collo d’avorio, delle guance di un rosa soffuso. Provo ad afferrare quell’immagine fugace, ma invano. Essa scompare ogni qualvolta le mie ardenti mani, immergendosi , smuovono le acque. Oh, ingenuo! Non m’accorgo che quel che scorgo non è che la mia ombra, il mio riflesso. L’amore e il desiderio mi accecano e mi confondono.

–Nessun ostacolo insormontabile ci separa, non si oppongono tra di noi alte vette, infinite mura e neppure un oceano o un lungo cammino. Tra me e te vi è solo un sottile velo d’acqua. Vieni fuori da lì e amiamoci per il resto dei nostri giorni. O mi illudi forse, meravigliosa creatura? Perché mi fai sperare in qualcosa che mai otterrò? Perché ricambi i miei baci? Perché quando rido, ridi anche tu? Perché quando piango, lacrime bagnano anche le tue guance?-.




Due storie diverse ma legate a doppio filo dal tema dell’ILLUSIONE.

Narciso non ama se stesso ma il giovane che vede nello stagno credendolo altro da sé: quando scopre che quel giovane è la propria immagine, muore per la sofferenza dell’illusione frustrata. Pigmalione sa che la statua è solo una statua, l’ha creata lui: ma tale è la potenza illusionistica dell’arte, che è spinto a desiderarla perché appare donna viva e non statua.


Ci insegnano a ‘’rimanere coi piedi saldi per terra’’, ci ammoniscono affinchè ci teniamo aggrappati solidamente alla realtà. Per quanto lucidi e razionali siamo, però, ci nutriamo incessantemente e inevitabilmente di illusioni. Illusioni che spaventano, in quanto, troppo spesso, confuse con l’inganno (o, peggio, ‘’autoinganno’’).

‘’Tutto ciò che esiste per gli uomini,-affermava Ugo Foscolo,- non è che la loro fantasia’’.

E questo è un bene o un male?

Le illusioni costituiscono l’approdo insidioso e periglioso ad una vigliacca fuga dal reale o, al contrario, sono uno stimolo positivo per vivere attivamente e consapevolmente la realtà, plasmandola alla luce della nostra immaginazione e dei nostri ideali? Il potere di creare nuove illusioni non è forse quel motore che, ad ogni caduta, ad ogni sconfitta, ci permette di ricominciare? E non è forse la capacità di ricominciare e di ricostruire a determinare la straordinarietà di ogni essere umano?

llusioni! grida il filosofo. – Or non è tutto illusione? tutto! Beati gli antichi che si credeano degni de’ baci delle immortali dive del cielo; che sacrificavano alla Bellezza e alle Grazie; che diffondeano lo splendore della divinità su le imperfezioni dell’uomo, e che trovavano il BELLO ed il VERO accarezzando gli idoli della lor fantasia! Illusioni! ma intanto senza di esse io non sentirei la vita che nel dolore o nella rigida e noiosa indolenza: e se questo cuore non vorrà più sentire, io me lo strapperò dal petto con le mie mani, e lo caccerò come un sevo infedele. (Ugo Foscolo).




© RIPRODUZIONE RISERVATA


FONTI: Metamorfosi, Publio Ovidio Nasone


 
 
 

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